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Articolo: Il patto di prova – certezze consolidate e nuove questioni

approfondimento di Eufranio Massi per Generazione Vincente


Generazione Vincente
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Il patto di prova, previsto dall’art. 2096 c.c.,  è un istituto ormai consolidato nel nostro ordinamento e la contrattazione collettiva lo ha disciplinato in modalità coerenti con lo scopo che è quello di permettere ad entrambe le parti contraenti di valutare la convenienza del rapporto di lavoro. In tale ottica il datore di lavoro ha la possibilità di accertare le capacità professionali e le attitudini all’inserimento nel contesto aziendale del lavoratore, con la possibilità, nel caso in cui  le stesse non rispondano a quanto auspicato, di risolvere il rapporto senza particolari problemi.

La riflessione che segue cercherà di ricapitolare i punti salienti dell’istituto e, al contempo, cercherà di soffermare l’attenzione su alcune novità emerse nel corso del 2015 e del 2016 che vanno ad incidere su istituti come, ad esempio, le dimissioni, l’esonero contributivo in caso di nuova assunzione del lavoratore già occupato in prova, o il trattamento integrativo salariale. Detto questo, ritengo che per una disamina completa non si possa che partire dal momento costitutivo del patto che deve essere sottoscritto dalle parti contestualmente alla stipula del contratto di lavoro e, in ogni caso, prima che lo stesso inizi (ci  vale anche per la Pubblica Amministrazione). Da ci  discende che un patto siglato dopo è nullo ed il rapporto risulta essere, fin dall’inizio, definitivo: esso può  essere apposto sia ad un contratto a tempo indeterminato che ad un contratto a termine, sia ad un contratto stipulato tra una Agenzia di Lavoro temporaneo ed un lavoratore che, infine, ad un contratto di apprendistato che, peraltro, è, per definizione, un rapporto a tempo indeterminato.

La prima questione da affrontare riguarda la reintegrabilità’ della prova: essa è stata ritenuta illegittima allorquando la sperimentazione si sia svolta con esito positivo in un precedente rapporto  che aveva ad oggetto le medesime mansioni o anche a seguito di distacco del lavoratore presso l’impresa che instaura il nuovo rapporto dopo aver beneficiato del distacco (Cass., 5 maggio 2004, n. 8579, Cass., 11 marzo 2004, n. 5016). Ovviamente, la clausola deve contenere l’esatto indicazione delle mansioni affidate, cosa possibile anche con riferimento al sistema classificatorio della contrattazione collettiva: se tutto questo non c’è, la clausola è nulla e l’assunzione è definitiva sin dall’inizio..continua la lettura


Source: Dottrina del Lavoro

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