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Articolo: Demansionamento – limiti allo jus variandi, prova e liquidazione del danno

approfondimento di Paolo Johan Natali – Avvocato
Estratto dal n. 12/2017 di Diritto & Pratica del Lavoro (Settimanale IPSOA)

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“Il presente contributo è volto a passare in rassegna, pur con la necessaria sintesi, alcune delle più recenti e significative pronunce in materia di danno da dequalificazione professionale del lavoratore, quale rilevante ipotesi di demansionamento, e quindi di esito “patologico”, e dunque illecito, dell’esercizio dello jus variandi da parte del datore di lavoro, analizzando profili di disciplina e questioni problematiche sottese a tale fenomeno relativamente diffuso nella prassi lavorativa, e in particolare nell’ambito delle realtà aziendali private, ove le garanzie normative possono trovare (maggiori) difficoltà di affermazione.

Il demansionamento da dequalificazione professionale

La Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 febbraio 2016, n. 3422, ha riconosciuto al lavoratore il diritto al risarcimento del danno per dequalificazione professionale in quanto incaricato, dal datore di lavoro, a fare lavori manuali come svuotare sacchi o trasportare carrelli in difformità dalle sue mansioni contrattuali di natura tecnica, e quindi concettualmente superiori, evidenziando, altresì, che il datore doveva fornire la prova dell’impossibilità di adibirlo a mansioni equivalenti. La pronuncia si sofferma, fra gli altri profili trattati (come vedremo meglio di seguito), sul concetto della piena fungibilità delle diverse mansioni all’interno delle singole aree. E ciò che più importa, non tanto per ribadire l’orientamento, pressoché consolidato della prassi, ma piuttosto per evidenziare la rilevante differenza concettuale, rispetto alla precedente formulazione, dell’impostazione data dalla recente riscrittura dell’art. 2103 c.c.”….continua la lettura


Source: Dottrina del Lavoro

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