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Articolo: Prassi aziendali e conciliazione dei tempi di lavoro

approfondimento di Stefano Malandrini – Confindustria Bergamo

Estratto dal n. 16/2017 di Diritto & Pratica del Lavoro (Settimanale IPSOA)

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“Nell’ambito degli interventi finalizzati alla gestione del c.d. welfare aziendale, inteso come complesso delle soluzioni adottabili per favorire il benessere dei dipendenti, in aggiunta alla mera compensazione economica correlata alla prestazione lavorativa, rilevano anche le formule organizzative atte a favorire maggiori dinamismi negli orari di lavoro. Si tratta di azioni orientate alla c.d. “conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita familiare”, ossia adeguamenti della collocazione e della durata dell’attività lavorativa, nonché all’occorrenza delle mansioni, idonei a soddisfare esigenze personali, individuali o collettive, del lavoratore, quali la cura dei figli minori, lo studio e la formazione extraprofessionale, lo svolgimento di attività ludico-ricreative, ecc.

Peraltro le agevolazioni disposte in successione dalla legge n. 208 del 28 dicembre 2015 art. 1, commi 182-190, e dalla legge n. 232 del 11 dicembre 2016 art. 1, commi 160-162, che hanno favorito la fruizione degli sgravi contributivi e fiscali già introdotti dal D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1997, stimolando un approccio al welfare aziendale fortemente correlato all’implementazione di istituti di carattere compensativo ancorché non economico, non sembrano avere inciso sulla tematica della conciliazione. Questa ha infatti rilievo prettamente organizzativo, quindi non riconducibile né alla regolamentazione dei fringe benefit di cui all’art. 51, commi 2, lett. a/c e 3, Tuir/D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986 né alle agevolazioni correlate agli oneri di utilità sociale di cui all’art.100, richiamato dal comma 2, lettera f), macro-categorie entrambe oggetto del duplice intervento legislativo. Si tratta tuttavia ancora di soluzioni di welfare, in quanto certamente idonee ad incrementare il benessere personale del lavoratore migliorando altresì la produttività del lavoro, nella misura in cui risulti condizionabile dalla propensione individuale al miglioramento della performance lavorativa. La disciplina  di riferimento, per gli interventi di conciliazionedei tempi di lavoro, è rappresentata da regolamentazioni non fiscali o contributive ma giuslavoristiche, imputabili sostanzialmente al D.Lgs. n. 66 del 8 aprile 2003, alla regolamentazione del D.Lgs. n. 81 del 15 giugno 2015 artt. 4-12 sul lavoro a tempo parziale, alle formulazioni dei Ccnl e degli accordi aziendali concernenti i medesimi istituti..”….continua la lettura


Source: Dottrina del Lavoro

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