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Agenzia Entrate: lavoratori impatriati – ulteriore casistica


L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 159/E del 22 luglio 2024, risponde ad un quesito in merito alla possibilità di beneficiare del regime speciale per lavoratori impatriati per un ulteriore quinquennio, a partire dal periodo di imposta 2024 (mediante l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 5, comma 2­bis, d.l. n. 34 del 2019) anche se al 31 dicembre 2019 non beneficiava di tale regime speciale pur avendone i requisiti, in quanto fruiva del regime per neo­residenti di cui all’articolo 24­bis del TUIR.

Questo il parere fornito dall’Agenzia delle Entrate.

In via preliminare, si evidenzia che il parere reso concerne esclusivamente la possibilità per l’Istante di avvalersi, ai sensi dell’articolo 5, comma 2­bis del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (decreto Crescita), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 dell’estensione temporale del ”regime speciale per i lavoratori impatriati” di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ad ulteriori cinque periodi di imposta senza che ciò implichi, in quanto non oggetto della presente istanza, una valutazione circa la sussistenza delle condizioni previste per l’applicazione del predetto regime, rimanendo in merito impregiudicato ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria.

L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (cd. decreto Internazionalizzazione) ha introdotto il ”regime speciale per lavoratori impatriati” che è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.

Con riferimento a tale regime speciale, sono stati forniti specifici chiarimenti, tra l’altro, con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 e, a seguito delle modifiche apportate dal citato articolo 5 del decreto Crescita, con la circolare n. 33/E del 28 dicembre  2020, nonché con numerose risposte ad interpello pubblicate consultabili nell’apposita sezione presente sul sito dell’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it/portale/ web/guest/normativa­e­prassi/risposte­agli­ interpelli), cui si rinvia per gli ulteriori approfondimenti.

In particolare, il comma 2­bis dell’articolo 5 del decreto Crescita, in vigore dal 1° gennaio 2021, ha previsto la possibilità di estendere il periodo di fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati, anche a coloro «che siano stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o che siano cittadini di Stati membri dell’Unione europea, che hanno già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147».

Tale disposizione, in sostanza, consente alle persone fisiche che hanno trasferito la residenza in Italia per svolgervi attività di lavoro e che abbiano beneficiato del regime impatriati, di poter optare per l’estensione del regime, previo versamento di un importo pari:

  • al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se al momento di esercizio della stessa il lavoratore soddisfa, alternativamente, specifici requisiti: ha almeno un figlio minorenne (anche in affido preadottivo) ovvero è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito, senza applicazione di sanzioni;
  • al 5 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni (anche in affido preadottivo) e diventa proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena ­ anche in tal caso ­ la restituzione del beneficio, senza applicazione di alcuna sanzione.

In entrambi i casi, «l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà».

Le modalità di esercizio dell’opzione sono state definite con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 3 marzo 2021, prot. n. 60353, in attuazione di quanto stabilito al successivo comma 2­ter del medesimo articolo 5. Tale Provvedimento dispone, in particolare, al Punto 1 (”Modalità di esercizio dell’opzione ai fini della proroga del riconoscimento dei benefici fiscali connessi al rientro in Italia”) che l’opzione è esercitata mediante il versamento degli importi dovuti in unica soluzione mediante il modello di pagamento F24, senza la possibilità di avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, utilizzando i codici tributo ”1860”­”Importo dovuto (10 per cento) per l’adesione al regime agevolato di cui all’articolo 5, co. 2­bis, lett. a), del DL n. 34 del 2019” e il codice ”1861” ­ ”Importo dovuto (5 per cento) per l’adesione al regime agevolato di cui all’articolo 5, co. 2­bis, lett. b), del DL n. 34 del 2019”, istituiti con la risoluzione n. 27/ E del 15 aprile 2021, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione di cui all’articolo 16 sopracitato.

L’articolo 1, comma 154, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, stabilisce che il regime speciale di cui al citato articolo 16 non è cumulabile con gli effetti dell’opzione di cui all’articolo 24­bis del TUIR.

Tale disposizione prevede che «Le persone fisiche che  trasferiscono  la  propria residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva […] dei redditi prodotti all’estero individuati secondo i criteri di cui all’articolo 165, comma 2, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione».

Il comma 4 del medesimo articolo 24­bis stabilisce che l’opzione (che cessa di produrre effetti decorsi quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità dell’opzione medesima) può essere revocata e, in tal caso, non può essere esercitata nuovamente.

Con la citata circolare n. 17/E del 2017 (cfr. Parte IV, paragrafo 2) è stato, al riguardo, chiarito che i regimi agevolativi «rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, sono esclusivi e fra loro non cumulabili in capo allo stesso soggetto, relativamente al medesimo periodo d’imposta», in quanto il divieto    di cumulo previsto dalla norma «non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d’imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme. Ciò nella considerazione che un soggetto che sceglie un regime fiscale di vantaggio può fare affidamento, avendone i requisiti, su altro regime agevolativo che viene introdotto nel nostro ordinamento in un momento successivo alla scelta effettuata».

In sostanza, dunque, un contribuente in possesso dei requisiti richiesti dalle rispettive norme che, al rientro in Italia, esercita l’opzione per il regime di cui al citato articolo 24­bis del TUIR può, nei periodi d’imposta successivi, revocare tale opzione ed accedere (nel rispetto di ogni altra condizione) al regime speciale per i lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 nonché applicare tale regime speciale per gli ulteriori periodi d’imposta previsti dalla norma di riferimento.

In particolare, i contribuenti rientrati in Italia prima del 2020 possono prolungare l’applicazione del regime speciale per ulteriori periodi di imposta esercitando l’opzione di cui al comma 2­bis dell’articolo 5 del decreto Crescita, anche se, pur possedendo i requisiti per l’applicazione del regime speciale nel periodo d’imposta 2019, non ne hanno concretamente fruito avendo esercitato l’opzione di cui al citato articolo 24­bis del TUIR. Ciò in quanto si ritiene che, ai fini del prolungamento del beneficio per ulteriori annualità, a partire dal primo anno d’imposta successivo a quello di conclusione del primo periodo agevolato, rileva la circostanza che il contribuente abbia fruito del regime speciale anche solo per alcune delle annualità del primo quinquennio agevolabile e che sia stato potenzialmente beneficiario dell’agevolazione medesima nel periodo di imposta 2019, a nulla rilevando, quindi, che ne abbia effettivamente fruito in tale anno.

Resta fermo che il contribuente deve soddisfare, nel primo anno successivo alla conclusione del primo periodo agevolato, i requisiti di cui al comma 2­bis, dell’articolo 5 del decreto Crescita previsti per effettuare nei termini il dovuto versamento del 10    o del 5 per cento «dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetto dell’agevolazione […] relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione»

Nel caso di specie, l’Istante che dichiara che nel 2019 possedeva i requisiti per l’applicazione del regime speciale di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 e di aver acquistato un immobile di tipo residenziale a novembre 2022, potrà applicare, ai sensi del citato comma 2­bis, dell’articolo 5 del decreto Crescita il regime speciale per un ulteriore quinquennio, anche se nel periodo d’imposta 2019 ha fruito del regime di cui all’articolo 24­bis del TUIR.

Fonte: Agenzia Entrate


Source: Dottrina del Lavoro

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