approfondimento di Eufranio Massi
“Con una recente ordinanza, la n. 10065/2024, la Cassazione ha affermato che la conciliazione in sede sindacale, così come previsto dall’art. 411, comma 3, del codice di procedura civile, postula la necessità che la stessa avvenga in una sede sindacale e non in sede aziendale, in quanto tale situazione logistica non assicura che il lavoratore sia immune da qualsiasi condizionamento datoriale, con la conseguenza che le rinunce e le transazioni avvenute, non presentato i crismi della inoppugnabilità, potendo, di conseguenza, essere impugnate entro il termine di sei mesi.
Fin qui la decisione dei giudici di piazza Cavour che suscita alcune perplessità sulle quali tornerò e che appare in contrasto con una precedente ordinanza dello stesso organismo, la n. 1975/2024, con la quale, esaminando l’art. 412-ter relativo alle conciliazioni che avvengono secondo le procedure previste dalla contrattazione collettiva sottoscritta dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, aveva affermato che il riferimento al luogo della sottoscrizione è puramente formale e non sostanziale, in quanto la procedura prevista esclude che il lavoratore possa essere oggetto di particolari pressioni finalizzate alla sottoscrizione del verbale. …”
Source: Dottrina del Lavoro